Chiesa del Rosario

Itinerari. Storia, artigianato e sapori del territorio di Orani
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LA CHIESA DEL ROSARIO (Cesa de su Rosariu)

La chiesa del Rosario, con l’omonima confraternita si trovano citate nella relazione del 1684, ma non compaiono nel 1608; il sito nasce quindi tra queste due date, anche se non si ha, al momento nessuna documentazione diretta circa la sua edificazione.

La soluzione spaziale è a navata unica voltata a botte con archi-diaframma contraffortati che scandiscono il ritmo delle campate; l’abside anch’esso voltato a  botte, è più basso e più stretto anche se a una quota superiore rispetto all’aula; l’altare è decisamente barocco, con quattro colonne tortili di un materiale non ben identificato, forse gesso, che reggono una trabeazione piuttosto elaborata e un timpano spezzato. La volta è arricchita da un medaglione decorato ed eseguito a stucco.

Lungo la navata, negli spazi tra i contrafforti, molto profondi, da un lato totalmente interni, dall’altro invece solo per metà, sono state ricavate in tempi successivi tre cappelle verso il lato nord e due verso il lato sud, in cui è ubicata un’uscita secondaria. Queste cappelle, di forma semicircolare e voltate con una semi-cupola, in un primo momento sono state edificate di forma rettangolare e con profondità minore, e in una fase evolutiva successiva, della quale non si conosce la data, hanno assunto la configurazione attuale[1]. La facciata è abbellita da un portale in pietra trachite scolpita, con due snelle paraste sormontate da capitelli decorati a motivi fitomorfi e rosette, tipiche in Sardegna della scarna iconografia decorativa di derivazione cistercense[2]; al di sopra è collocato un timpano triangolare con frontone spezzato, decorato con un rosone in bassorilievo, un’edicola lavorata a conchiglia e una piccola ruota cosmica, simbolo che ricorre anche presso la chiesa di Sant’Andrea e nel santuario di N.S. di Gonare e che appartiene anch’esso all’iconografia cistercense. Il coronamento di facciata, orizzontale e con merlature in trachite, tipico, secondo Renato Salinas, della parte meridionale dell’isola, nasconde la pendenza del tetto a doppio spiovente con manto di copertura in tegole.

Lungo il fronte a nord, le cappelle semicircolari sporgono parzialmente, e sono coperte da un manto di tegole in leggera pendenza. Il fronte sud è invece caratterizzato dalla presenza di una porta secondaria, due finestre con cornice in trachite scolpita, con delle iscrizioni, e dalla torre campanaria a pianta quadrata, alta e slanciata, dotata di una bifora tamponata e di coronamento piramidale.

Sarebbe utile, a questo punto, una considerazione architettonica di carattere generale. Lo storico Renato Salinas[3] afferma che il Seicento, per l’architettura sarda, è un secolo di profonde trasformazioni; mentre per tutto il Cinquecento predomina l’arte dei picapredas educati da maestri catalani, di cui tramandano il gusto gotico, il Seicento, incerto all’inizio, passa poi decisamente al gusto classico, manieristico, evolvendo verso il barocco. I vecchi maestri, cocciuti e conservatori, subiscono inconsciamente l’influenza del nuovo corso; cedono dapprima su punti secondari, finendo per adottare membrature decisamente classiche.

Il tipo della chiesa gotica catalana, a unica navata, con capilla mayor e senza transetto, spesso ingrandita da cappelle laterali aggiunte tra un contrafforte e l’altro, è nell’isola il tipo più comune; per trovare un’iconografia di chiesa degna del nuovo stile della Controriforma, non si guarda fuori, ma si rielabora il tipo cinquecentesco: si sostituiscono la copertura lignea a doppia pendenza o la volta a botte spezzata con una volta a botte a tutto sesto con archi-diaframma anch’essi a tutto sesto[4]. È esattamente ciò che succede nella chiesa del Rosario, a dimostrazione del fatto che Orani, in questo frangente, si ritrova sorprendentemente al passo con l’evoluzione architettonica in atto nei centri maggiori dell’isola.

L’elemento più rimarchevole della chiesa del Rosario, forse non tanto per la qualità artistica quanto per la rarità di manufatti del genere in quest’area geografica, è il ciclo di affreschi che occupa  l’intera volta e lo spazio absidale. I due pittori oranesi Pietro Antonio e Gregorio Are, rispettivamente padre e figlio, tra il 1738 e il 1754 dipingono le Nozze di Cana, la Predica di San Domenico, Santa Caterina da Siena, Storie di San Paolo eremita, la Battaglia di Lepanto[5].

I due pittori, secondo Maria Grazia Scano[6], hanno due personalità diverse e ben distinte; a Pietro Antonio sono da attribuire le parti da cui trapela l’impegno per un’impostazione corretta della figura e quelle in cui sono presenti soluzioni paesaggistiche di una certa efficacia decorativa; Gregorio, invece, sembra avere una certa propensione per il grottesco e la deformazione caricaturale e insiste sulle scene affollate e animate da variazioni aneddotiche.

La studiosa attribuisce a Pietro Antonio:

  • la Creazione di Eva nel coro dell’antica chiesa della SS. Trinità a Fonni (1730-1735)
  • le storie di San Paolo eremita presso il Rosario ad Orani (1754).

Sono invece di Gregorio:

  • la Bocca d’Inferno (1757), l’Apparizione di San Francesco e la Cacciata degli angeli ribelli (1760) a San Michele di Fonni
  • le Nozze di Cana, la Predica di San Domenico e alcune parti della Battaglia di Lepanto al Rosario di Orani.

Gli Are, attivi per lungo tempo, non possono essere considerati dei dilettanti; secondo la Scano, i diversi componenti della famiglia esprimono una loro idea, univoca, dell’arte, rispettosa delle convenzioni linguistiche auliche ma allo stesso tempo attenta alla funzione didattica che l’arte ricopre riguardo ai ceti popolari. Da ciò deriva probabilmente il sincretismo tra iconografia di sapore medievale e tendenza alla buona regola del disegno[7].

[1] S’è potuto constatare ciò nel corso di un sopralluogo all’interno della chiesa, chiusa al pubblico e ai fedeli perché sottoposta a un intervento di restauro; gli intonaci delle cappelle sono stati rifatti e prima della posa in opera dei nuovi intonaci si è avuta la possibilità di rilevare le riprese murarie.

[2] Osservazioni di carattere artistico generale si trovano al cap.1.3.

[3] R. Salinas, L’evoluzione dell’architettura in Sardegna nel Seicento, in “Studi Sardi” XVI, 1958-59.

[4] R. Salinas, idem.

[5] M.G. Scano, Pittura e scultura del ‘600 e del ‘700, Ilisso, Nuoro, 1991.

[6] M.G. Scano, idem.

[7] M.G. Scano, Pittura e scultura del ‘600 e del ‘700, Ilisso, Nuoro, 1991.

Fonti e Bibliografia

Architetto Laura Pintus – Tesi di Laurea

 

 

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3D Model – Dettaglio capitello facciata Chiesa del Rosario